Nel territorio metropolitano è iniziata una sorta di "rivoluzione" ambientale: dal 13 giugno scorso le aree protette gestite e tutelate dalla Città metropolitana di Torino hanno moltiplicato quasi per 8 la propria estensione, passando da 4 mila a 31 mila ettari. È un passaggio reso possibile dalla Legge regionale 19 del 2009, che stabilisce che la gestione delle aree della Rete Natura 2000 può essere delegata dalla Regione Piemonte alle Province e alle Città metropolitane.
Una convenzione di durata illimitata ha affidato ben 27 aree al Servizio pianificazione e gestione rete ecologica, aree protette e vigilanza ambientale della Città metropolitana. A sua volta l'Ente di area vasta può sub-delegare la gestione di alcune aree al Parco Alpi Cozie, con cui verranno definiti protocolli di collaborazione operativa. La Città metropolitana è quindi chiamata ad un considerevole sforzo, soprattutto in termini di risorse umane e finanziarie, poiché la superficie da gestire e le distanze da percorrere per raggiungere i siti sono nettamente incrementate. Gli obiettivi della gestione sono ovviamente la conservazione e il miglioramento degli habitat e delle specie vegetali e animali protette dalle direttive europee. Dovranno essere effettuati monitoraggi sullo stato di conservazione dei siti e si dovranno programmare gli interventi diretti o indiretti ritenuti necessari per la loro buona conservazione.
Fra le azioni dirette vi sono gli interventi programmati nei piani di gestione: la realizzazione o il ripristino di aree idonee alla riproduzione, come gli stagni e gli ambienti umidi per gli anfibi; ma anche l'eradicazione di specie esotiche invasive che minacciano quelle autoctone: animali come il gambero della Louisiana, che minaccia quello nostrano; specie botaniche, come l'ailanto, la fitolacca, l'acero negundo, la fallopia, che invadono vaste superfici a discapito della vegetazione spontanea autoctona. I piani di gestione possono anche prevedere la realizzazione di ecodotti per l'attraversamento di strade e ferrovie, per evitare lo schiacciamento degli animali, oppure la realizzazione di fasce forestali tampone per filtrare le acque di scolo dei campi agricoli prima che defluiscano in laghi e fiumi. Fra le azioni indirette rientra il monitoraggio della presenza di specie di recente reintroduzione o rare, come il Lupo, ritornato naturalmente da pochi anni nelle Alpi Occidentali. Controllare la diffusione di specie vegetali ormai rarissime in contesti lacustri e paludosi, come la marsilea quadrifolia o l'aldrovanda vesiculosa, consente di ottenere informazioni scientifiche che possono orientare le azioni dirette di tutela e conservazione.
Per la Città metropolitana gestire un'area protetta comporta anche una serie di adempimenti amministrativi. In primis la valutazione d'incidenza su ogni intervento che possa eventualmente danneggiare o modificare gli habitat tutelati. In caso la valutazione non sia stata richiesta e ottenuta, la Città metropolitana è tenuta ad applicare ai trasgressori le sanzioni previste dalla legge e ad emettere un provvedimento di ripristino dello stato dei luoghi. È importantissima la vigilanza nei siti della rete Natura 2000, esercitata dagli agenti faunistico-ambientali con la collaborazione delle Gev - Guardie ecologiche volontarie.
Le 27 aree protette gestite dalla Città metropolitana: Laghi di Ivrea, Champlas du Col - Colle del Sestriere, Colle Basset (Sestriere), Boscaglie di Tasso di Giaglione (Val Clarea), Pian della Mussa (Balme), Val Thuras (Cesana Torinese), Oasi del Prà-Barant, Stazioni di Myricaria Germanica (Val Pellice), Laghi di Meugliano e Alice Superiore (Valchiusella), Stagni dei Favari di Poirino, Oasi xerotermica di Oulx - Auberge, Oasi xerotermica di Oulx - Amazas, Pendici del Monte Chaberton, Bardonecchia - Val Fredda, Bosco di Pian Prà (Rorà), Scarmagno - Torre Canavese (Morena destra d'Ivrea), Les Arnauds e Punta Quattro Sorelle (Bardonecchia), Oasi xerotermica di Puys (Beaulard di Oulx), Valle della Ripa - Argentera (Sauze di Cesana), Arnodera - Colle Montabone (Gravere, Meana di Susa, Susa), Cima Fournier e Lago Nero (Cesana Torinese), Lago di Maglione, Stagno interrato di Settimo Rottaro, Boschi e paludi di Bellavista (Pavone Canavese, Ivrea), Palude di Romano Canavese, Monte Musinè e Laghi di Caselette, Boschi umidi e stagni di Cumiana.
Ovviamente un semplice elenco non rende giustizia ai veri e propri "tesori nascosti" delle aree protette gestite dalla Città metropolitana. Nell'area collinare che ospita i cinque Laghi di Ivrea e le "Terre ballerine" derivate dall'interramento dell'antico Lago Coniglio vivono mammiferi, rettili, pesci e invertebrati tutelati dalla Direttiva Habitat dell'Unione Europea. La zona ospita in alcuni periodi dell'anno gli uccelli migratori, perché si trova allo sbocco della Valle d'Aosta e lungo la rotta migratoria che segue il margine meridionale delle Alpi. Dalle praterie del Pian della Mussa si possono ammirare i massicci rocciosi che circondano la conca naturale e il ghiacciaio della Ciamarella e si può osservare il volo del biancone, del falco pecchiaiolo, del falco pellegrino, del fagiano di monte, del gufo reale e del picchio nero. Se poi si è particolarmente fortunati si possono vedere il gipeto e l'aquila reale. Il sito di Scarmagno, Torre Canavese (Morena destra di Ivrea) è apprezzato per i querceti, i castagneti, i boschi di ontano nero e di pioppo bianco. A pochi chilometri da Torino, il Monte Musinè e i Laghi di Caselette sono una delle aree piemontesi a maggiore biodiversità, con specie animali e vegetali rare a livello nazionale. I pendii del Musinè sono scoscesi e quasi privi di copertura vegetale. Le rocce hanno un tipico colore ferruginoso e il clima è più caldo di quanto ci si potrebbe attendere alle nostre latitudini e a quelle quote. A poca distanza, nei laghi di Caselette l'ambiente è boschivo e presenta zone paludose interessanti per la vegetazione acquatica, sia galleggiante che sommersa.
L'incremento di un turismo basato sul rispetto degli ambienti e sulla curiosità scientifica può aiutare l'opinione pubblica e gli amministratori locali a comprendere l'importanza della tutela naturalistica, da non vivere più come un limite ma come una ricchezza e un'occasione di sviluppo culturale, sociale ed economico.